Nel 1999 uscì il film biografico Man on the Moon, diretto da Milos Forman e interpretato magistralmente da Jim Carrey, che impersonava la parte dell'attore e stand-up comedian Andy Kaufman.
Come ho già avuto modo di raccontare, il 1999 fu un anno molto importante per la mia formazione personale: fu l'anno della mia nascita come cinefila - avevo diciassette anni e al cinema quell'anno uscirono diversi film che risvegliarono in me una passione e una curiosità per la settima arte che non avrebbe più smesso di accompagnarmi. Ricordo che quell'anno vidi al cinema Man on the Moon per ben due volte, perché riuscii ad approfittare degli sconti delle rassegne estive e a immergermi nuovamente in questo film splendido che aveva monopolizzato la mia fantasia nei mesi precedenti.
Tutto questo lo scrivo per sottolineare quale potente legame emotivo io abbia con questo film e con quanta curiosità mi sia avvicinata al documentario Jim and Andy: The Great Beyond, che racconta il dietro le quinte di quel film contemporaneamente vero e surreale, proprio come il protagonista di cui racconta le gesta. Le mie aspettative in merito, ovviamente, erano altissime. E posso dire che dopo aver visto questo documentario, diretto da Chris Smith e presentato fuori concorso al Festival del Cinema Venezia nel settembre del 2017, esse siano state largamente superate.
Pare che Jim Carrey per quasi vent'anni avesse conservato in un cassetto del suo studio le riprese del dietro le quinte di Man on the Moon, senza mai metterci mano. Si trattava di un centinaio di ore filmate sul set del film dalla vedova di Charlie Kaufman, la documentarista Lynne Margulies, e dal collaboratore e scrittore di Kaufman, Bob Zmuda. Sebbene fossero filmati che per verve e surrealismo avrebbero potuto rappresentare essi stessi un film, perché documentano la metamorfosi di Jim Carrey che, nel corso dei quattro mesi di riprese, diventa di fatto Charlie Kaufman, fuori e dentro il set, fino a far scomparire l'identità di Carrey stesso, questi filmati rimasero inutilizzati per quasi due decenni.
Da un lato, infatti, la metamorfosi di Carrey lo rese intrattabile, aggressivo e volgare, perché diventare Andy Kaufman significava anche tramutarsi nel suo alter-ego, Tony Clifton: e gli studios della Universal, che tenevano Jim Carrey sotto contratto, desideravano che la sua immagine non venisse sporcata dalle insolenze e dalle levate di capo di quel personaggio controverso. Dall'altro, Carrey soffriva di fronte alla possibilità di entrare nuovamente nel vortice destabilizzante che Man on the Moon aveva rappresentato per lui dal punto di vista personale - e questo fu sufficiente perché decidesse di non farci nulla per anni. Fino a qualche mese fa. E il risultato è questo meraviglioso documentario.
Jim & Andy: The Great Beyond è proprio questo: il racconto di una metamorfosi, la descrizione di come un attore con la A maiuscola possa finire per aderire perfettamente al personaggio che interpreta, fino a non essere più capace di distinguere dove inizia la persona e dove finisce il personaggio, la maschera, anche dopo la fine delle riprese del film. Ma è anche il racconto di Jim Carrey oggi, diciott'anni dopo, intervistato da Chris Smith, regista del documentario, mentre viene sottoposto a un'analisi di se stesso, in cui spiega cosa significhi per lui essere un attore, quali torsioni alla propria identità siano necessarie perché possa calarsi nella parte di un film e come ogni lavoro affrontato negli anni abbia finito per influenzare la sua stessa identità di essere umano. Un assaggio di queste tematiche può essere assaporato dal trailer del documentario:
Netflix ha acquistato i diritti di Jim and Andy: The Great Beyond, che oltre a essere stato presentato a Venezia ha partecipato in seguito anche al Toronto International Film Festival, ricevendo critiche entusiaste. Dunque chiunque abbia Netflix può guardarlo - e, per chi ancora non ce l'ha, ricordo che il primo mese di abbonamento a questa piattaforma on-demand è gratuito. Il documentario è uscito su Netflix il 17 novembre 2017 e per ora è l'unico posto in cui può essere visionato.
Credo che chiunque abbia dentro di sé un briciolo di cinefilia potrà amare questo film, che finisce per superare la dimensione cinematografica per abbracciare tematiche esistenziali e quasi metafisiche. Perché, al di là delle tecniche di un attore devoto alla propria arte, c'è un uomo, che come tutti gli uomini deve confrontarsi col senso della vita; e che grazie al suo percorso - un cammino in cui è entrato e uscito dal proprio sé, portando alle estreme conseguenze lo stesso concetto di empatia e impersonificazione - ha riscritto le domande fondamentali arrivando a conclusioni del tutto personali.
Le risposte di Jim Carrey alle grandi domande della vita sono certo soggettive, ma nonostante questo degne di essere ascoltate almeno una volta: perché rappresentano un punto di vista originale per chi sia interessato al tema dell'identità, alla sua liberazione dalle strutture astratte che le vengono imposte fin dalla nascita, in una continua, incessante e forse non sempre raggiungibile ricerca della felicità.
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