Diventare genitori è uno degli atti più miracolosi e rivoluzionari che si possano intraprendere, perché dare vita a un nuovo essere umano, per poi prendersene cura, costringe a rivedere se stessi sotto una luce completamente diversa e a riscrivere la propria identità non solo rispetto al nascituro, ma anche nei confronti della società che ci circonda. Diventare madre, in particolare, impone a ogni donna di affrontare se stessa sotto punti di vista sconosciuti ad altre figure, come anche quella del padre: dagli sbalzi ormonali alla modificazione del proprio corpo, dare vita a un bambino comporta la nascita contemporanea di due persone assolutamente nuove: quella del bebè e quella di sua madre.
Sono molti gli studi, sia medici che psicologici, che affrontano l'educazione parentale in relazione al benessere del neonato e del bambino; sono invece molto minori in numero le ricerche che indagano la trasformazione psicologica della donna da individuo autonomo a madre: come se una donna, per se stessa madre in potenza, fosse naturalmente predisposta a questo ruolo senza dover mai incappare né nella fatica psicologica di costruire se stessa in questa veste, né nel processo doloroso di non sapervisi adattare nel modo in cui aveva immaginato prima di esserlo. Accade molto più spesso di quanto venga raccontato. Se maggiore attenzione venisse riservata allo studio della psicologia e del benessere psicofisico delle nuove madri, esse potrebbero affrontare con maggiore consapevolezza le proprie difficoltà: questa coscienza si ripercuoterebbe senza dubbio in modo positivo anche nel loro rapporto con il proprio figlio neonato: un meraviglioso dono della vita... ma anche un piccolo tornado!
Sebbene sia generalmente accettato che tutti gli eventi sconvolgenti della vita richiedano una pausa di riflessione e di revisione di se stessi - pensiamo alla perdita di qualcuno che ci è caro, a uno scompiglio lavorativo, sia esso positivo o negativo, o al trasferimento in un altro Paese - in qualche modo non è sempre previsto che diventare madre sia per una donna un evento carico di emozioni ambivalenti. Ambivalenti sono tutte quelle situazioni che danno e tolgono contemporaneamente: e non c'è dubbio che diventare madre rappresenti in questo senso un'esperienza ambivalente. Se per la maggior parte delle relazioni ambivalenti è ritenuto accettabile parlarne, la maternità è ricoperta da un velo di positività tale da frenare molte donne dal condividere questo aspetto della propria maternità: temono che parlare della parte "che toglie" (sonno, energie e autonomia, solo per fare alcuni esempi) le renda inadeguate rispetto al modello perfetto di madre che molto spesso viene loro proposto e che loro durante la gravidanza speravano di incarnare. Non toccando l'argomento, il ciclo continua a perpetrarsi, lasciando molte donne nello sconforto di non saper gestire un'esperienza contemporaneamente tanto bella, ma, misteriosamente, anche negativa. Il punto è saper accettare, e persino gestire, l'ambivalenza della maternità. Perché questo accada, è anche necessario che se ne possa parlare apertamente.
Il senso di colpa che molte neo-madri esperiscono di fronte alla propria esausta imperfezione, almeno rispetto a un modello irrealistico di madre sorridente e sempre felice di mettere i bisogni dei loro figli davanti ai propri, è uno degli inneschi principali della depressione post partum: un malessere psicologico di cui solo recentemente si è cominciato a parlare, complici anche diverse donne famose, dall'attrice Gwyneth Paltrow alla cantante Adele, che con la loro testimonianza hanno saputo strappare il velo solo positivo che ricopre il tema della maternità. Come spesso accade, le storie degli altri possono rappresentare un'ispirazione per coloro che temono di essere sbagliate, perché, a torto, credono che quel senso di inadeguatezza riguardi solo loro. Ma non è così.
Non tutte le donne vivono la depressione quando diventano madri, ma con la maternità tutte le donne subiscono un cambiamento radicale nella propria esistenza che porta il loro stato d'animo in uno spettro che va dal benessere alla depressione: è evidente che in un ventaglio così vasto le emozioni siano molteplici, ma nessuna di esse è sbagliata e nessuna di esse dovrebbe essere taciuta. La transizione che una donna vive quando diviene madre, quando capisce di non essere più solo figlia, o professionista o amica o moglie, ma anche donatrice di vita, di cura e di educazione nei confronti di un altro essere umano totalmente dipendente da lei, è un processo sconvolgente per la sua identità - è, cioè, un subbuglio - e perciò può essere anche doloroso. Il parto non mette solo al mondo un figlio, ma anche una madre: tutto andrà bene, certo, ma a volte il percorso per arrivarci può essere faticoso. Ed è tutto assolutamente normale.
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