2090128167685128 Arquà Petrarca: quali tracce lasceremo al futuro?
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  • Immagine del redattoreNina Ferrari

Arquà Petrarca: quali tracce lasceremo al futuro?


racconto di viaggio - borghi più belli d'Italia - Arquà Petrarca - riflessione - Il Tuo Biografo

Ricordo che qualche anno fa feci una gita nel bellissimo borgo di Arquà Petrarca sui Colli Euganei, dove sorge la casa in cui Francesco Petrarca visse gli ultimi anni della sua vita, dal 1369 al 1374. Ricordo che quello che per me fu un piccolo pellegrinaggio nella casa di un autore molto amato, fu anche uno spunto di riflessione riguardo ai luoghi di memoria - in particolare riguardo a come noi oggi viviamo, in particolare in relazione al futuro, gli ambienti in cui ci muoviamo.

Nella casa che Francesco Petrarca abitò in modo discontinuo negli ultimi anni della sua vita esistono, come in ogni museo, allestimenti e vetrinette, spiegazioni delle stanze e degli arredamenti. Così, visitandola, al piano terra si incontra la gatta imbalsamata che si presume appartenesse al Poeta, e che ancora protegge da una nicchia l'abitazione del suo padrone; o, al secondo piano, si possono osservare la scrivania e la libreria che il Petrarca usò in quegli ultimi anni di vita, in quella che si ritiene fosse allora la sua stanza da letto.

Uno pensa che il gatto imbalsamato chiuda ogni discorso su quale possa essere l'attrazione più peculiare della casa, ma la mia osservazione venne invece rapita anche da qualcos'altro: il registro dei visitatori.

Come molti sanno, il registro dei visitatori non è che un librone in cui gli ospiti appuntano il proprio passaggio in un dato luogo, o durante una certa ricorrenza, lasciandovi un proprio pensiero e la propria firma. E si dà il caso che nell'ultima abitazione del Poeta proprio uno di questi libroni fosse esibito dentro una teca, aperto su una pagina a caso, leggibile attraverso il vetro che lo proteggeva. Noi sappiamo grazie a questi registri che, nonostante nel tempo l'abitazione sia passata di proprietario in proprietario, fino a divenire del Comune di Padova, anche il Foscolo e l'Alfieri lasciarono traccia del proprio passaggio in quel luogo, a cui più volte si erano recati come in un pellegrinaggio, proprio come era accaduto a me e sicuramente a tanti altri. Il loro spirito e la loro devozione alla perfezione letteraria del Petrarca aleggiavano in quel luogo e proprio la loro presenza in quelle stanze segnalava che l'ammirazione per il Petrarca aveva una lunga e rispettabile tradizione. E questo proprio alla possibilità, grazie al registro dei visitatori, di lasciare un segno di sé in uno di quei libri.

Il registro dei visitatori era sotto una teca di vetro, ma non esisteva un registro attuale in cui gli ospiti potessero lasciare traccia del loro passaggio oggi. Questo mi colpì molto, quasi mi indignò. Quando abbiamo smesso di credere di poter rappresentare le radici di coloro che verranno dopo di noi? Quando abbiamo smesso di credere nel nostro potenziale di rappresentare un tassello in più entro una lunga e rispettabile tradizione? Forse quando siamo divenuti turisti invece che pellegrini? Forse quando per qualche ragione siamo divenuti non più responsabili dei luoghi che decidiamo di visitare? E come mai è accaduto questo? Perché?

In quel momento mi sentii impotente. Non certo perché avrei voluto scrivere qualcosa nel registro dei visitatori, non lo faccio quasi mai, ma perché alla mia generazione era stato reso impossibile lasciare una traccia di sé. Come se fosse già stato stabilito che noi oggi non possiamo più porci a passato di nessuno. Come se non potessimo sperare di divenire storia per quelli che verranno.

Possiamo consumare, pagare il biglietto di un'attrazione, ma non entreremo mai in un museo sotto a una teca di vetro, perché sembra che ciò che di importante c'è stato da dire sia già stato detto. E noi non abbiamo altro da aggiungere. La mancanza di un registro dei visitatori attuale in un luogo che vantava vecchi registri di visitatori passati, mostrandoli in una vetrina, sembrava proprio suggerirmi questo.

E questa condanna a non poter essere memorabili mi riportava alla mente tutte le costruzioni che riempiono le nostre città, utili ma non belle, funzionali ma non solide; mi ricordava tutte le notizie urlate ogni giorno e destinate a scomparire in poche ore, tutte le storie che incontriamo quotidianamente e che non possiamo fermare, perché nel tempo di un click sono già andate in fumo. Abbiamo smesso di crederci passato: siamo così concentrati sul godimento perpetuo del presente da non saperci più inserire entro una prospettiva storica e porci a radice di quello che verrà. Certo, oggi chiunque di noi può scrivere una recensione su Tripadvisor, ma nessuno può più lasciare una traccia del proprio concreto passaggio sulla pietra o sulla carta.

In mezzo a tutto questo frastuono ci stiamo permettendo di essere muti, dimenticabili? Mi oppongo. Stiamo permettendo che le nostre scorie parlino in vece nostra al posto delle nostre parole, dei nostri pensieri? Ritengo questa prospettiva disturbante. Dovremmo tornare a ritenerci qualcosa di più che esseri del mero presente e renderci consapevoli del fatto che, in seguito a interminabili presenti, il futuro bussa sempre alla porta.

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