A pochi chilometri da Amsterdam sorge la città di Weesp. Qui, chiusa entro un reticolo di case basse in mattoni rossi, è nata nel 2009 la comunità di Hogeway, un esperimento sociale-sanitario unico nel suo genere. I suoi 153 abitanti sono particolari, perché ormai non ricordano quasi più chi sono. Eppure si muovono indisturbati entro il perimetro del loro villaggio passeggiando, facendo shopping, dipingendo o bevendo un caffè al bar - o, ancora, semplicemente se ne stanno a casa, guardando la tv, come se niente fosse.
Hogeway è il progetto ambizioso di Yvonne van Amerongen, che, prima di fondare questo villaggio, per anni aveva lavorato come infermiera in case di cura per anziani. All'inizio degli anni '90 cominciò a pensare in che modo si potesse rendere più lieve la vita di coloro che sono affetti da demenza senile e, quando le venne l'idea, ne parlò con amici e colleghi, coi quali cominciò a sviluppare il progetto. Anni di raccolta fondi e l'appoggio del governo olandese fecero il resto: su un terreno di un ettaro e mezzo venne costruita per venti milioni di euro la città nella città che, a partire dalla fondazione, ha sempre fatto il tutto esaurito. La retta per le famiglie dei pazienti certo è costosa, ma parzialmente sostenuta da incentivi statali che riducono i costi almeno della metà.
All'interno della struttura, delimitata dalle stesse abitazioni che la compongono e da porte di vetro da cui è difficile uscire senza essere notati, assieme ai suoi 153 abitanti convive una folta comunità di medici e infermieri in incognito. Vivono e mangiano con i loro ospiti senza memoria, li sorvegliano vicino al laghetto delle anatre, in piazza o al supermercato, o li accudiscono da dietro il bancone del bar, fingendo di esserne i cassieri. I camici bianchi sono banditi da Hogeway, proprio per mantenere l'impressione di normalità di cui gli anziani pazienti hanno bisogno per stare bene. La vita a Hogeway è senza tempo e senza confine, le azioni di sempre possono essere ripetute dai loro ospiti in un contesto controllato, in cui lo smarrimento non è mai dannoso, e naturalmente in cartellone al cinema sono sempre in auge classici in bianco e nero.
Questo clima tranquillo è molto utile ai malati di Alzheimer, la cui aggressività viene prepotentemente ridotta dallo stile di vita lento di Hogeway, calibrato sulla loro condizione. Inoltre l'esistenza di questo villaggio è di grande conforto ai parenti degli anziani ospiti, che possono ricevere visite ogni giorno, ma la cui sicurezza e il cui benessere sono monitorati costantemente. Persino la struttura e l'arredamento delle abitazioni sono stati studiati nel minimo dettaglio: ci sono case tradizionali, riempite di ninnoli e tappezzerie tipicamente olandesi, adatte alla classe media; ci sono case "artistiche", caratterizzate da libri e quadri e strumenti musicali, dedicate a coloro che in giovinezza avevano amato la cultura; ci sono appartamenti moderni e sofisticati, tagliati su misura di coloro che, nella vita precedente, avevano vissuto in una grande città e in condizioni di agiatezza. E così via, purché a ogni ospite sia riservato uno spazio familiare in cui condurre quest'ultimo tratto di vita senza memoria, cioè senza distinzione netta tra presente, passato e futuro.
Quello di Hogeway è solo il primo di una serie di esperimenti simili che stanno prendendo piede in Europa. Nello Yorkshire, in Inghilterra, la città di Fartown ha visto nascere nel 2013 un villaggio completamente ambientato negli anni '50, in cui i suoi ospiti possano trovarsi immersi nelle atmosfere della loro giovinezza (sfruttando così la loro memoria a lungo termine per la conquista del benessere). Nel 2012 è stata annunciata l'intenzione di dare vita a un simile progetto anche a Wiedlisbach, vicino a Berna, in Svizzera. Markus Vögtlin, l'imprenditore svizzero che ha in mano quest'ultimo progetto, per Wiedlisbach si ispira proprio a Hogeway, che ha visitato e in cui ha potuto notare la serenità dei suoi pazienti.
E l'Italia? Ebbene, anche in Italia presto sorgerà il primo villaggio per anziani affetti da demenza senile. Infatti è del 7 settembre 2016 l'autorizzazione del Comune di Monza per l'avvio dei lavori di quello che si chiamerà Il paese ritrovato, progetto coordinato dalla cooperativa La Meridiana e che, secondo i piani, potrà cominciare a ospitare il propri pazienti a partire dal 2018. Perché possano guarire non dall'Alzheimer, sindrome per cui ancora non esiste cura, ma almeno da quella apparente "non-vita" in cui si ritrovano spesso coloro che sono senza memoria.
Aggiornamento di autunno 2018
Il paese ritrovato ha aperto i battenti e offre otto appartamenti ciascuno dotato di otto camere singole (insomma, può ospitare fino a sessantaquattro pazienti). Viene definito dai suoi fondatori come «un luogo reale che vuole rallentare il decadimento cognitivo e ridurre al minimo le disabilità nella vita quotidiana, offrendo alla persona residente l’opportunità di continuare a vivere una vita ricca ed adeguata alle sue capacità, ai suoi desideri e ai suoi bisogni». Se volete saperne di più, cliccando qui potrete visitare il sito internet del progetto.
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